martedì, ottobre 02, 2012

Dato che dimostra la complicita' della classe dirigente del PCI col piduista n. 1816

Dopo quello che mi e' accaduto il 12-09-1994 al Festival Nazionale di Modena organizzato dal PDS avevo capito che tra PDS e P2 ci fosse connivenza e complicita'. Da allora ho raccolto infiniti dati che sono pero' sotto gli occhi di tutti, basta essere onesti e liberi intellettualmente e non avere scheletri nell'armadio per arrivare alla conclusione a cui sono arrivato e che riassumo nel titolo del BLOG : Menzogne inganni e ipocrisie nel regime della P2 PCI PDS DS; vedo che non sono da um po' di tempo il solo a cominciare a capirlo, basta pensare al giornalista Michele De Lucia che pero' solo nell'aprile 2008 ci ha fatto un libro : "Il baratto" edito dalla Kaos..... la stessa casa editrice che nel 1994 mi ha permesso di conoscere la vera natura della tessera P2 1816.

Comincio con questo post a elencare i dati che dimostrano la complicita' degli eredi del PCI con la tessera P2 1816.

Leggete al link http://pcampoli.blogspot.it/2005/11/dal-libro-berlusconiinchiesta-sul.html poi domandatevi perche' nessuno degli eredi del PCI ha risposto come era giusto rispondere a quello che la tessera P2 1816 ha scritto il giorno della commemorazione di Sergio Moroni.

Consiglio di leggere attentamente le frasi che ho evidenziato il ROSSO

Dal libro di Gianni Barbacetto : "Tutte le carte del Presidente" edizione Marco Tropea Editore 2004

                                                       Tutta colpa dei comunisti.

                                            Commento introduttivo di Gianni Barbacetto

Sergio Moroni, dirigente e parlamentare del Partito socialista, si toglie la vita il 2 settembre 1992 nella sua casa di Brescia
Aveva ricevuto tre avvisi di garanzia, che gli contestavano il ruolo di esattore delle tangenti per il Psi nel settore dei rifiuti Prima di morire, aveva inviato al presidente della Camera, Giorgio Napolitano,una lettera in cui protestava contro il «clima di pogrom» e contro la «decimazione» casuale della classe politica, la «ruota della fortuna » che «assegna a singoli il compito di vittime sacrificali»
Ma in quella lettera Moroni ammetteva il suo ruolo nel sistema dei finanziamenti illeciti, poi definitivamente confermato nelle sentenze a carico dei suoi complici (risulterà «accertata e pienamente provata la materialità dei fatti», e cioè che Moroni aveva ricevuto «circa 200 milioni in totale nelle sue mani in una cartellina tipo quelle da ufficio, avvolta in un giornale»)
Un suo amico e compagno di partito, Loris Zaffra, dichiara nel gennaio 1993 al settimanale Panorama: «Aveva ragione il povero Sergio Moroni quando, nella sua lettera scritta prima del suicidio, aveva parlato di ruota della fortuna : sei stato preso, peggio per te Con Moroni ne avevamo discusso la scorsa estate
Aveva molto sofferto per il cordone sanitario che gli era stato fatto attorno Tangentopoli ha messo a nudo, oltre al giro delle tangenti, la slealtà dei rapporti politici Sei stato arrestato?
Peccato per te, entri nel cesto delle mele marce Gli altri, che con te hanno diviso errori e responsabilità, si girano dall'altra parte Inaccettabile»
Dieci anni dopo, i compagni che lo avevano ipocritamente emarginato celebrano la memoria di Moroni
E quelli che avevano invece inneggiato a Mani pulite, come Marcello Pera e lo stesso Silvio Berlusconi [ N 174], si ritrovano a commemorare il parlamentare attaccando Mani pulite e i suoi magistrati
Una commemorazione ufficiale di Moroni viene organizzata alla Camera e a essa segue una lettera di Berlusconi pubblicata sul giornale di famiglia il 3 ottobre 2002 . Nella lettera, la corruzione viene giustificata con l'esigenza "democratica" di contrastare i comunisti, che potevano disporre di finanziamenti da Mosca
Quei finanziamenti che non sono più reato, sottolinea Berlusconi, grazie all'amnistia "voluta fortissimamente dalla sinistra" nel 1989: proprio l'amnistia "provvidenziale" che nel 1990 aveva salvato Berlusconi dalla sua prima condanna, quella per falsa testimonianza sulla P2 [ N 115]  In verità, nel sistema di Tangentopoli è stata in più casi provata l'esistenza del "cassiere unico"; che ritirava le tangenti e poi le divideva tra i diversi partiti, comunisti compresi: questi erano dunque in più casi alleati e complici con cui spartire il bottino, non nemici da battere in nome della democrazia Ma ormai le necessità polemiche sovrastano la ragione e i fatti Berlusconi, che nel videomessaggio della "discesa in campo" nel 1994 [ N 169], criticava i partiti e rendeva omaggio a Mani pulite, nel 2002 considera ormai i magistrati i suoi grandi nemici e difende non solo i vecchi partiti, ma anche il loro illegale sistema di finanziamento

                                       "IL VERO COLPO DI SPUGNA"

La vicenda umana e politica di Sergio Moroni è lo specchio tragico di un'epoca inquisitoria e buia, per molti aspetti ancora sconosciuta, un fiume tumultuoso che travolse l'Italia, un'onda giustizialista che finì per cancellare dignità e garanzie e per destabilizzare gli equilibri democratici dello Stato di diritto Tangentopoli
fu vissuta dall'opinione pubblica, a causa anche di un cortocircuito politico-mediatico-giudiziario, come un'illusione salvifica, come un atto liberatorio, ma resterà invece nella storia del nostro Paese come un marchio indelebile di giustizia parziale
E quando la giustizia è parziale genera solo ingiustizia, seminando inquietudine e disperazione Questo ci ricorda Sergio Moroni, che individuò nel gesto "estremo" di togliersi la vita l'unico modo per far sentire la propria voce e per affermare la propria innocenza
Questo ci devono ricordare le altre venticinque persone che si uccisero ai tempi di Tangentopoli
La giustizia penale non dovrebbe mai avere finalità politiche Non può averle, per definizione, perché la responsabilità penale è personale
Come espressione della volontà punitiva dello Stato per chi commette singoli reati, essa dovrebbe esaurirsi nella valutazione di fatti specifici, le cui conseguenze possono, sì, essere anche politiche, ma soltanto come riflesso occasionale L'esperienza italiana ha dimostrato, invece, che una certa giustizia può portare alla fine di un sistema politico, all'esautorazione di un'intera classe dirigente e può, in definitiva, sostituirsi al popolo nella scelta di chi deve governare il Paese I numeri di Tangentopoli sono emblematici nella loro crudezza:
Carlo Giovanardi, nel suo libro Storie di straordinaria ingiustizia ricorda che 88 deputati della Democrazia cristiana, su un totale di 206 eletti alle elezioni del 5 aprile 1992, furono inquisiti Tranne quattro, sono stati tutti prosciolti o non giudicati Eppure quel Parlamento fu messo alla berlina come "il Parlamento degli inquisiti" e fu sciolto anticipatamente malgrado esistesse ancora una maggioranza legittimamente eletta
Lo stesso trattamento fu riservato agli altri partiti che nella Prima Repubblica avevano fatto da diga, insieme alla Dc, contro il pericolo comunista : il Partito socialista, il Partito socialdemocratico, il Partito repubblicano e il Pàrtito liberale Quel sistema, caratterizzato da due blocchi ideologici, aveva esaurito la sua ragion d'essere con la caduta del Muro di Berlino, ma pochi se ne accorsero Era un sistema consociativo, consolidato da decenni, di un difficile equilibrio di potere costantemente "contrattato" con l'opposizione comunista 
Questa anomalia, questa assenza totale di alternanza di governo aveva portato quel sistema a una serie di degenerazioni
Ma non bisogna mai dimenticare che la corsa al finanziamento illegale dei partiti era stata innescata dai poderosi finanziamenti che il Pci riceveva dall'Urss, da parte della potenza, cioè, che si contrapponeva apertamente alle democrazie occidentali
La sinistra comunista e postcomunista era dunque corresponsabile a pieno titolo di quella degenerazione, ne era anzi la causa principale Ma alla fine di Tangentopoli il Pds, erede diretto del Pci travolto da una disfatta storica, fu l'unico tra i principali partiti a rimanere in piedi
Ciò avvenne, in primo luogo, per la "provvidenziale" amnistia del 1989 voluta fortissimamente dalla sinistra, amnistia che consentì di azzerare tutti gli effetti giudiziari del finanziamento sovietico
Quello sì che fu "colpo di spugna"!
Ed è abbastanza sconcertante che ora, a tredici anni di distanza, 
chi usufruì di quell'amnistia salvifica propugni la definitiva eliminazione di questo istituto
La sinistra, in questi anni, ha raccontato una storia assolutamente strabica della Prima Repubblica : quella secondo cui in Italia sarebbe esistita una "questione morale" dalla quale però erano esenti, grazie alla loro
"diversità", solo i comunisti
Questa surrettizia ricostruzione del fenomeno della corruzione in Italia è in realtà servita per coprire due fenomeni che hanno prodotto effetti disastrosi : la trasformazione della questione morale in questione giudiziaria e la trasformazione dell'azione giudiziaria in azione politica Quando scesero clamorosamente in campo, i magistrati del pool di Mani pulite poterono sostenere che il loro compito era quello di processare un sistema, di "combattere un fenomeno" Non più di perseguire i singoli reati, dunque, come prevede la
legge, ma di "ripulire un sistema", "di rivoltare l'Italia come un calzino" Tangentopoli non fu una rivoluzione in senso proprio, ma fu sicuramente il tentativo di un ordine dello Stato di attribuirsi un ruolo etico di preminenza e politico di supplenza, con l'intento di celebrare "un grande processo pubblico", come ebbe
a definirlo il procuratore capo di Milano A quei magistrati fu concesso di bloccare il normale iter di
approvazione delle leggi con pronunciamenti sulle scalinate del Palazzo di Giustizia e di usare la carcerazione preventiva per costruire le prove attraverso le confessioni, confessioni che in quel clima arrivavano copiose anche da parte degli innocenti che avevano quel solo mezzo per uscire di galera Si arrivò perfino all'ignobile tentativo di denigrare i suicidi : qualcuno, quando si seppe della morte di Sergio Moroni, insinuò che ci si uccide anche per vergogna
Ma Moroni, come tanti altri, non aveva nulla di cui vergognarsi, avendo lealmente servito la causa del suo partito, la cui scomparsa ha inferto una grave perdita alla sinistra riformista Moroni si tolse la vita in preda a una lucida e sfuggente disperazione, come risulta chiaramente dalla lettera al presidente della Camera dell'epoca In quella lettera c'è, espresso in forma sintetica, molto di quello che si poteva e si doveva dire
Voglio rileggerlo ancora "Un grande velo di ipocrisia (condiviso da tutti) ha coperto per lunghi anni i modi di vita dei partiti e i loro sistemi di finanziamento Né mi pare giusto che una vicenda tanto importante e delicata si consumi quotidianamente sulla base di cronache giornalistiche e televisive a cui è consentito di distruggere immagine e dignità personale di uomini solo riportando dichiarazioni di altri
Mai e poi mai ho pattuito tangenti Eppure vengo coinvolto nel cosiddetto scandalo tangenti e accomunato dalla definizione di `ladro' oggi così diffusa Non lo accetto, nella serena coscienza di non aver mai approfittato di una lira Ma quando la parola è flebile non resta che il gesto
"
La sua grandezza, la grandezza di Sergio Moroni, sta proprio nel fatto che è arrivato a sacrificare la vita per superare con un gesto estremo "la flebilità della voce" Ma ciò è proprio il contrario della normalità democratica È stato detto che la democrazia non ha bisogno di eroi, e se una persona equilibrata
come Moroni arrivò a togliersi la vita, significa che in quel momento il giustizialismo aveva commissariato la democrazia Ma una democrazia non può crescere e sviluppare le sue potenzialità se è frenata da uno scontro di potere fra una corrente della magistratura che concepisce il proprio ruolo in termini di egemonia politica e una parte della politica, espressione della maggioranza degli italiani, che invece intende riaffermare
le prerogative della volontà popolare
Per questo è giunto il momento di voltare pagina, senza volontà punitive nei confronti di nessuno, ma tenendo ben presente che la questione giustizia in Italia è la questione della legittimità e della sovranità democratica
La Casa delle libertà ha vinto le elezioni proponendo una riforma della giustizia in senso più garantista, in grado di rafforzare il ruolo del giudice terzo di fronte allo strapotere del pubblico ministero, che deve tornare a rappresentare nel processo la parte accusatoria, e non a essere visto come il rappresentante della legge davanti al quale la difesa fa la parte del sabotatore dell'ordine costituito
L'esperienza ci ha insegnato che dietro l'usbergo dell'obbligatorietà dell'azione penale spesso si è celata
e si cela la più grande discrezionalità, che è una pericolosissima strada per realizzare la disuguaglianza dei cittadini di fronte alla legge
Come Sonnino invocò a suo tempo il "ritorno allo Statuto", così noi riteniamo che si debba tornare alla Costituzione, ai principi dello Stato di diritto Per creare queste condizioni intendiamo approvare tutte le
riforme che abbiamo in programma cercando nello stesso tempo di svelenire lo scontro politico in atto, per ricondurlo alla logica del normale confronto democratico
È difficile, però, dialogare con coloro che sostengono che il 13 maggio del 2001 "la criminalità organizzata ha vinto le elezioni" e assimilano ogni tentativo di riforma della giustizia a un atto eversivo  Ma i fatti li smentiscono Avevano detto che la legge sulle rogatorie avrebbe fatto scarcerare mezza malavita italiana, e naturalmente nulla di tutto questo è accaduto Sono arrivati fino al punto di insultare il Parlamento, con la scusa ipocrita di difenderlo dalla legge sul legittimo sospetto, che è una legge garantista che in
Italia esisteva già e che è giusto e doveroso ripristinare Noi, e lo dico soprattutto a Chiara Moroni, che sta coraggiosamente portando avanti nella Casa delle libertà la battaglia iniziata da suo padre, abbiamo il dovere di far sì che non ci sia una nuova Tangentopoli
Una democrazia che funziona sa far rispettare le sue leggi senza dover ricorrere al giustizialismo giacobino,
e non ha bisogno né di sceriffi né di eroi, ma di regole incorniciate in un sistema garantista che sappia offrire una giustizia rapida e in cui il giudice abbia recuperato attraverso la sua indispensabile imparzialità tutta la sua autorevolezza
Il carcere non deve più essere usato per la formazione della prova
È il momento di voltare pagina Chi è chiamato a far rispettare le leggi dello Stato, e può dunque togliere la libertà a un cittadino, deve essere cosciente di maneggiare un'arma terribile Il carcere è l'extrema ratio nella difesa degli interessi statuali, e mai più dovrà essere usato come mezzo di formazione della prova
Lo riaffermiamo oggi, nel commosso ricordo di Sergio Moroni Lo riaffermeremo sempre, tenendo la nostra rotta ben distante sia dall'indulgenza verso la corruzione che dal giustizialismo, due facce di una medaglia che ha drammaticamente segnato la nostra vita, la vita italiana negli anni novanta E non saranno né i giacobini né i girotondini a rimettere indietro l'orologio della Storia

Silvio Berlusconi,
il Giornale, 3 ottobre 2002